Libri usciti e già dimenticati
Quando il francese Poncet cercò di salvare l'Italia fascista dalla guerra
di
Beppe Benvenuto21 Giugno 2009
Hitler a Parigi
Diplomatico di lungo corso, Andrè Francois-Poncet, è intorno alla cinquantina quando sceglie di puntare sulla Penisola. Alle spalle ha una carriera politica e una competenza in questioni di germanistica che spiega la sua consistente permanenza a Berlino, dal 1931 al 1939, nella funzione di ambasciatore francese. Nella capitale del Reich segue l’irresistibile ascesa dei nazi e, pur in qualche intimità con Hitler, si rende conto che gli spazi di manovra per evitare un conflitto fra le potenze del vecchio continente sono ormai ridotti al lumicino.
Situazione opposta a Roma. Ufficialmente legata a doppio filo alla Germania, in realtà i vertici del Belpaese sono tutt’altro che certi della scelta di campo. Nel Duce, l’esperto diplomatico avverte un intimo combattimento a proposito della politica aggressiva del suo amico germanico. Poncet in particolare è colpito da Benito Mussolini nelle vesti di animatore di Monaco, argine estremo per mantenere l’Europa fuori dallo scontro armato. E’ questa la considerazione principale che lo spinge verso la sede italiana. Una richiesta, peraltro, prontamente esaudita da Parigi.
A guerra vinta, Poncet, torna sull’argomento e rianalizza i termini di quell’azzardo. Scrive quindi un succoso memoriale, ora riproposto con il titolo di “A palazzo Farnese” dalla casa editrice Le Lettere. L’idea forte è sempre quella di salvare in extremis la pace. Di primo acchito, le apparenze sembrano remare contro. Il regime ostenta freddezza. La stampa franca ostilità. Su gazzette e nelle piazze si agitano motivi “irredentistici”, che abbracciano richieste che vanno da Nizza alla Savoia, senza escludere neppure la Tunisia. Una cortina di ostilità che però non è a senso unico. Fra le alte sfere l’ambasciatore coglie, in più occasioni, sentimenti di segno differente.
Il libro racconta, ed è la sua parte migliore, il rapporto sempre più ravvicinato che Poncet riesce ad instaurare con Galeazzo Ciano. Si tratta di avvicinamento per tappe che, in prossimità dell’entrata in guerra, assomiglia a una segreta sintonia. Al navigato diplomatico il giovane gerarca non appare per nulla persona leggera, ma un politico che valuta con sincera e crescente apprensione la deriva filo tedesca del suocero-dittatore.
Poncet gioca di sponda e fornisce, in diverse occasioni, argomenti e supporti alle scelte temporeggiatrici di Ciano. Fra due “nemici” è circa un’intesa che, a tratti, potrebbe persino funzionare. L’ambasciatore francese vuole preservare l’Italia salda nella “non belligeranza”, che considera un primo passo nella direzione di una futura piena neutralità. L’invasione della Polonia rende la partita più sfumata e insieme più intensa. A far saltare banco e illusioni è la rottura da parte di Berlino di ogni indugio e l’inizio dell’attacco alla Francia. L’estremo saluto fra i due “dialoganti” è toccante e profetico. Così il monito del francese (momentaneamente sconfitto) al ministro (apparentemente sugli scudi): “Chi mangia carne di Hitler, resta avvelenato”.
http://www.loccidentale.it/articolo/quando+il+francese+poncet+cerc%C3%B2+di+salvare+l%27italia+fascista+dalla+guerra.0073675
domenica 21 giugno 2009
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